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Cara anima sensibile, ti presento con gioia il secondo episodio di “Storie vere di gente felice”.
Se non lo conosci ancora, “Storie vere di gente felice” è uno spazio aperto in cui condivido storie autentiche, riflessioni e consigli per persone che non hanno paura della felicità e vogliono scoprire tutti i suoi segreti.
E’ il podcast che ti apre le porte a racconti di coraggio, passione e autenticità. Qui, non solo puoi ascoltare, ma anche leggere e guardare, in modo completamente gratuito!
Questa puntata è disponibile su YouTube, Spotify, Amazon, Google Podcasts e scorrendo questa pagina puoi leggere anche la sua versione scritta.
Lasciati oggi ispirare da questa straordinaria storia di luce. Una lunghissima vita felice nata dalle ceneri di un grande dolore…
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IN QUESTA PUNTATA
Nella bidonville ho vissuto nella gioia
Una lunghissima vita felice nata dalle ceneri di un grande dolore
“A sei anni, la felicità mi ha rivelato la sua volubilità. Mio padre, che rappresentava ogni mia felicità di bambina fortunata, è annegato sotto i miei occhi. Era una domenica mattina dell’autunno 1914. La ‘Prima Guerra Mondiale’ era appena stata dichiarata. Prima di raggiungere il suo reggimento, il papà aveva voluto passare qualche giorno in famiglia a Ostenda. Buon nuotatore, aveva deciso di sfidare il Mare del Nord, agitato da forti ondate. Non resistette a un flutto in tempesta che lo portò al largo.
Mi ricordo di aver urlato sulla spiaggia, con mia sorella e il mio fratellino. Abbiamo gridato con tutte le nostre forze: “Papà, torna!”. Ma lui non poteva più sentirci. Il mare ci restituì il corpo il giorno seguente.
La felicità aveva lasciato il posto all’amarezza. Si era trasformata in tristezza.
La bellezza selvaggia del mare era diventata la maschera tragica del mio dolore. La bella schiuma bianca sulla cresta delle onde si era tramutata in acqua salata – l’acqua delle mie lacrime.
Lacrime che ho versato molto a lungo. La mia vita si costruì su quel dramma.
Ho saputo da sempre la fragilità della nostra gioia sulla terra. Il dolore per la morte di mio padre ha colorato tutte le felicità della mia vita. Quell’esperienza indimenticabile dell’infanzia si confermò durante gli anni. Ho tanto più potuto gioire delle felicità semplici della vita quanto meno vi sono stata legata. Ho sempre saputo che non erano fatte per durare. Le ho gustate con intensità, nella pienezza del momento, come istanti di meravigliosa grazia che rendono incantata la vita qua e là. Non ho cercato di prolungare o trattenere le felicità che mi capitavano. Ho accettato la loro natura effimera, simile alla schiuma.
Ho sentito il vuoto fin da molto giovane. Mi piaceva divertirmi, ballare, andare al cinema. Ma tutto questo non mi lasciava nulla. Quando ho abitato a Bruxelles, facevo spesso una ‘scappata’ a Londra. Mi divertivo. Tornavo. E poi? Andavo a Parigi. Mi divertivo. Tornavo. C’era sempre quel vuoto. Quel vuoto che ‘azzannava’ la mia giovinezza. Ho tentato di riempirlo. Molto presto ho cercato in Dio un amore duraturo e senza limiti, quello che la vita terrestre mi aveva rifiutato. Ho voluto un assoluto.
Quell’assoluto sarebbe stato l’amore di Cristo nel mio cuore, che avrei portato a migliaia di bambini messi da parte dal mondo… Sono entrata in convento a 21 anni. Da ‘postulante’ portavo una grande veste nera e un piccolo velo traforato, tenuto da un nastro annodato. Era una divisa ridicola. Ero vestita quasi come una vedova! E tuttavia, quando indossai quella veste, ho sentito una felicità incredibile – la felicità di essere infine libera!
Prima non avevo mai abbastanza soldi per i miei vestiti. Oramai non avevo più bisogno di correre dietro ai cappelli o alle scarpe di moda. Avevo voluto essere bella ad ogni costo. Avevo cercato di piacere e di essere ammirata, facendo parecchi sforzi perché lo sguardo degli uomini si posasse su di me. Improvvisamente ciò non era più necessario. Era l’inizio di una pienezza. Finalmente il mio cuore era soddisfatto”.
Cari amici all’ascolto, vi ho letto una pagina del diario di Madeleine Cinquin, meglio nota in tutto il mondo col nome di suor Emmanuelle del Cairo.
Sicuramente avete sentito parlare di lei. Se non ne sapete nulla o anche se ne sapete qualcosa, restate all’ascolto perché la sua storia è davvero emblematica.
Madeleine Cinquin era nata a Bruxelles nel 1908 e a ventitré anni aveva preso i voti nella Congregazione Nostra Signora di Sion. Si era laureata in filosofia alla Sorbona, e poi aveva insegnato letteratura e filosofia a Istanbul, Tunisi, Il Cairo e Alessandria.
Anni proficui e molto intensi, densi di progetti e di idee. Anni preparati da un grande dolore. Quello di cui racconta nella pagina di diario che vi ho appena letto. Quel grande, grandissimo dolore senza fondo, che l’aveva straziata ma non inebetita al punto di non farle individuare il senso di svolta della sua vita e, con esso, la sua incredibile rinascita.
A partire dall’età di sessantadue anni, dopo essere andata finalmente in pensione dall’insegnamento, suor Emmanuelle aveva potuto dedicarsi interamente alla sua vocazione: amare i “diseredati”, i dimenticati della terra. Da allora, aveva vissuto con i quattromila poveri di Ezbet el-Nakhl, sulla sponda occidentale del Canale di Suez.
Lì era arrivata un giorno, povera tra i poveri, con un carretto e un materasso e vi aveva fatto nascere un dispensario medico, un ambulatorio, una casa per anziani, un asilo, e un centro di accoglienza intitolato “Salam”, pace.
Nel 1980 Suor Emmanuelle aveva dato vita a una associazione che oggi porta il suo nome e che continua – dopo di lei – ad aiutare bambini poveri in tutto il mondo, dall’Egitto al Sudan, dal Libano alle Filippine, dall’India al Burkina Faso.
Dove l’occhio del mondo occidentale non vedeva che sottosviluppo, nelle periferie delle metropoli del Sud del mondo, come tra gli “zabbalin”, gli uomini delle immondizie, nei sobborghi del Cairo, suor Emmanuelle – che era stata soprannominata non a caso “la piccola sorella degli straccivendoli”, aveva trovato tanta ricchezza spirituale e culturale, sperimentandovi la gratuità di relazioni umane autentiche e totalmente disinteressate.
Lì la religiosa aveva scoperto, in sé e negli altri, quella pienezza che dà senso alla vita, e che infonde gioia ad ogni azione compiuta.
“Nella ‘bidonville’ ho vissuto nella gioia”, diceva lei. “Mi è stato concesso di salvare dei bambini dalla morte. È stato straordinario”.
Suor Emmanuelle ricordava queste cose mentre stava per compiere cento anni ed era consapevole di essere vicina a un’altra soglia, sconosciuta, eppure non così misteriosa per lei che al Mistero, quello con la maiuscola, aveva affidato tutta la sua vita, spendendosi senza misura, oltre ogni limite, umano e spirituale.
La religiosa di origine belga, che aveva dedicato ben settant’anni della sua lunga e laboriosissima vita ai più poveri dei poveri nelle bidonville attorno al Cairo, si addormentava nel Signore il 20 ottobre del 2008.
Ho scelto di parlare di Emmanuelle Cinquin nel mio libro Mistiche e sante e libere donne di Dio che raccoglie le storie di donne, alcune conosciute e altre meno note, ma tutte capaci di lasciare il segno nella società in cui sono vissute, proponendo percorsi di vita, e di vita felice, in modi originali e diversi.
La vita di suor Emmanuelle del Cairo non sembra anche a voi un inno alla gioia e alla speranza?
“Yalla, avanti, fratelli e sorelle! La vita è bella quando si ama”, diceva lei, la Madre Teresa del Cairo.
E affermava: “Provo una immensa riconoscenza per tutti coloro che mi hanno insegnato che l’amore è più forte della morte e porta in sé un seme di eternità”.
Il suo messaggio, quasi un testamento, che è stato letto proprio nel giorno dell’addio alle sue spoglie, è stato questo: “La vita non si ferma mai per coloro che sanno amare”.
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CHI SONO
Mi chiamo Maria Amata Di Lorenzo e da oltre dieci anni condivido il mio cuore sul web. Mi ispirano la gentilezza e il desiderio di migliorare la vita di chi è intorno a me attraverso le parole, che possono essere medicina e strumento di guarigione a un livello molto intimo, dove affonda la nostra interiorità. Con le mie parole, con cura e amore, aiuto gli altri, ogni giorno.
Come scrittrice, drammaturga e autrice cinematografica con un background di giornalista, ho dedicato la mia vita a esplorare e celebrare la creatività in tutte le sue forme. Sono, infatti, anche un’insegnante di scritture creative e una consulente esperta in spiritualità e processi trasformativi connessi alla creatività. La mia passione è aiutare le persone a scoprire e a mettere in pratica il loro potenziale creativo e la saggezza del cuore, per la loro crescita spirituale, il benessere, la guarigione e l’autorealizzazione.
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Voi care presenze
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Non è una semplice newsletter, ma molto di più: è uno spazio accogliente e sicuro in cui tu, cara anima sensibile, potrai essere te stessa, ed esprimere la tua vulnerabilità senza paura, abbracciando ogni lato della tua sensibilità in un mondo che spesso la sottovaluta.
Ogni volta che sento di avere qualcosa di prezioso da condividere, invio una lettera sincera, nata dal mio cuore, per accompagnarti nel meraviglioso e talvolta impegnativo viaggio della vita. Troverai in ogni lettera piccole gemme di felicità, consigli, novità, e riflessioni scritte con amore su temi legati alla crescita personale e spirituale, allo sviluppo della creatività, alla poesia, ai libri, all’arte e alla cura della tua salute, sia fisica che emotiva.
Voi care presenze è l’appuntamento riservato alle persone profondamente sensibili e creative che concepiscono il web come uno spazio gentile in cui fermarsi a riflettere e dove è possibile sperimentare connessioni vere e significative tra le persone.
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